Quando si parla di disabilità si entra in un terreno minato, dove è facile cadere nell’uso di termini pietistici o addirittura offensivi. Magari senza nemmeno rendersene conto. Recentemente sono state le stesse associazioni o comunità di persone disabili a chiedere di evitare terminologie “negative” (=non vedente, non udente) o ritenute a torto politicamente corrette (=diversamente abile). La terminologia “corretta” è così diventata: “persona con disabilità”. Insomma, dobbiamo liberarci di modi di pensare antichi nati spesso da ignoranze e pregiudizi, e sostituirli facendo ricorso alle nuove conoscenze e sensibilità, impastate di scienza, di vita sociale, di umanità.
Perché le persone con disabilità sono – appunto – “persone”. Ma come farlo capire?
Questa breve introduzione è necessaria per capire la complessità di una situazione che il Consiglio dei Governatori ha deciso di affrontare con decisione, varando il progetto di un service volto a promuovere l’inclusione sociale attraverso lo sport, il coinvolgimento lavorativo e il dibattito. Si tratta, in parole povere, di sensibilizzare la comunità sull’importanza dell’eliminazione delle barriere sia fisiche che sociali, creare occasioni di incontro e dialogo per promuovere un linguaggio inclusivo e tramutarlo in comportamenti adeguati.
In sostanza, stimolare un cambiamento culturale sul concetto di disabilità. Come? Si è pensato di iniziare con l’organizzazione di eventi dedicati a sport inclusivi (pallacanestro o tennis in carrozzina, ad esempio), e convegni o
incontri coinvolgendo associazioni e scuole.